ECONOMIA E LAVORO

Il saggio. Il paese delle badanti
Il verbo “badare” sta a metà
fra “lavorare” e “amare”
 
La Signora conta le malattie
ed io i suoi anni.
Lei trattiene la mia giovinezza,
io cullo la sua vecchiaia.
(Tetyana Kochetygova, poetessa e badante)         

Parcheggio del macello di Torino, lunedì mattina.
È da qui che, ogni settimana, partono i pullman per la Moldavia su cui le ragazze che assistono gli anziani in Italia tornano a casa. Strette strette fra pacchi chiusi con cura, buste coi soldi, fotografie e persino elettrodomestici di ultima generazione, affrontano una traversata di quaranta ore per poter riabbracciare i propri cari. E ricominciare, perché la loro non è certo una vacanza, a sgobbare.
Un bel giorno, su uno di questi furgoni sale anche Francesco Vietti, studioso delle migrazioni dai paesi dell’ex Unione sovietica e collaboratore del centro interculturale della città della Mole. Da questo viaggio in compagnia di Nadia, l'angelo biondo giunto nella casa di Rosa e Giovanni, è nato il libro-inchiesta Il paese delle badanti, ricerca etnografica e racconto di due nazioni, l'Italia e la Moldavia. Nazioni che, sull'incapacità dell'una di prendersi cura dei propri padri e sulla disponibilità dell'altra a offrire donne pazienti che colmino questo gap assistenziale, hanno costruito un legame quasi di sangue, reso poi indissolubile dalla politica delle sanatorie adottata recentemente dal governo del Bel Paese. Fra poesie (ogni capitolo si apre con i versi di una poetessa-badante) e storie di vita, Vietti mostra l'altra faccia del lavoro di cura. Se troppo spesso gli studiosi si sono concentrati solo sugli effetti che l'assistenza domiciliare delle giovani dell'Est ha sulla società italiana, il giovane antropologo torinese va in controtendenza e mostra come, proprio attraverso l'emigrazione delle donne, vanno mutando anche le reti sociali dei paesi di provenienza. In Romania, Ucraina e, in questo caso, nella piccola Repubblica Moldava, i rapporti familiari e gli equilibri del mercato del lavoro si sono di fatto “ristrutturati e adeguati ai flussi di entrata ed uscita delle mogli”. Sono loro, infatti, a mantenere i mariti e sono ancora loro i motori economici delle località che lasciano.
Tra le pagine, Nadia (che in russo significa speranza) diventa la badante tipo, quella fortunata, “una di noi”. E, dunque, quella da seguire e osservare, intervistare e accompagnare fino a Pirlita, il piccolo villaggio vicino a Ungheni in cui, prima di scegliere l'Italia, era un'insegnante e dove, ogni tre mesi, fa ritorno con un gruzzoletto di 1500 euro.
 
Mi sento una foglia sola e solitaria
che vibra sull'albero d'inverno.
Tutta la bellezza del paese straniero
non sostituirà la mia terra
 (Olha Mokriy, poetessa e badante)

A Pirlita, dove Nadia è accolta dal figlio festante che la informa che l'Italia del calcio ha vinto i mondiali, il lettore italiano scopre una società che mai potrebbe immaginarsi, concentrato com’è sulla necessità di risolvere il problema del suo anziano. A Pirlita, come succede in altri luoghi della Moldavia, nessuno muore di fame, ma proprio per “avere qualcosa di più” in tanti decidono di andarsene. Gli abitanti sono circa 5.600, e almeno mille hanno salutato i parenti. Il che vuole dire che ogni famiglia ha il suo emigrato.
Al primo posto fra le forme di investimento delle rimesse dei migranti - ci informa Vietti - c'è quasi sempre l'acquisto o la ristrutturazione di una casa. A Pirlita, di queste case rifatte dai tetti rossi, il giardino recintato e una bella auto parcheggiata fuori, ce ne sono già una trentina. Ed è proprio attorno ad esse che chi parte costruisce il suo mito del ritorno. Una casa che si rinnova, infissi, finestre, cancelli, è il segno che chi è all'estero sta facendo fortuna e che, prima o poi, lo si vedrà rientrare.
Anche se non è tutto oro quello che luccica: spesso dietro un'automobile elegante si nascondono storie dolorose di uomini frustrati, dediti all'alcol, e di bambini trascurati, costretti a crescere senza le madri - consumate dal lavoro - e destinati ad un futuro tutt'altro che roseo.
Di questi processi (senza perdere di vista l'Italia, dove oggi gli over 60 sono il 18% della popolazione e nei prossimi trent'anni raggiungeranno il 27% mentre gli ultra 80 saranno almeno il 7%) si occupa l'interessante saggio di Vietti. Un saggio lucido, in grado di dosare sapientemente dati statistici, esperienza vissuta ed empatia.
Da leggere e rileggere, per comprendere meglio cosa si nasconde dietro un fenomeno di cui noi siamo abituati a vedere solo la punta dell'iceberg italiana, ma attraverso il quale interi paesi ex comunisti stanno cambiando pelle.

(Alessandra Testa)